Il soccorso in mare a barconi di profughi da parte di navi da crociera, un argomento che negli ultimi tempi ha scatenato parecchie polemiche in giro per il web. Un argomento delicato che voglio trattare in maniera oggettiva, senza polemica alcuna, fornendo anche quella che è stata la mia esperienza personale e soprattutto cercando di fare chiarezza con la speranza di sfatare alcune credenze che rischiano di diventare delle pericolose leggende metropolitane.
Purtroppo tutti sappiamo che internet, oltre a essere un mezzo di comunicazione fenomenale e innovativo, è anche un veicolo di notizie allarmanti che a volte non hanno un un riscontro nella realtà.
Bastano pochi messaggi su Facebook, con foto e diciture allarmanti, che fanno il giro in men che non si dica dell’intero mondo cibernetico ed ecco che si crea il panico, si gonfiano le notizie e a volte si riportano anche distorte.
In un periodo come questo, così complesso dal punto di vista geopolitico, si rischia un’escalation di odio e di perdita di quelli che sono i basilari valori di umanità e carità che sempre più spesso, complice una crescente sensazione di paura e instabilità, releghiamo nei meandri più nascosti del nostro animo.
Voglio semplicemente soffermarmi ad analizzare cosa accade effettivamente se una nave da crociera incrocia una imbarcazione che trasporta profughi o presunti tali e rassicurare sul fatto che esistono tutta una serie di procedure che in ogni caso rendono l’operazione sicura al massimo.
Una cosa dev’essere chiara a tutti, da quando l’uomo ha iniziato a costruire le prime imbarcazioni il soccorso in mare è sempre stato un atto dovuto, prima semplicemente come etica di chi conoscendo i pericoli e le insidie di questa via di trasporto si sentiva di fatto obbligato a prestare soccorso a chi era in pericolo, con la speranza che se i ruoli si fossero invertiti avrebbe a sua volta ricevuto aiuto.
Successivamente nel corso dei secoli questa usanza radicata si è trasformata in una vera e propria legislazione, riconosciuta a livello mondiale e che obbliga di fatto i comandanti delle navi a prestare soccorso a mezzi in difficoltà, sempre tenendo conto della salvaguardia dei propri passeggeri e pena severe sanzioni nel caso declinino la richiesta di soccorso.
Non mi dilungo nei particolari tecnici delle norme che regolano questa branca del diritto, ricordo solo a titolo informativo, e per chi volesse approfondire, le principali convenzioni internazionali che regolano la materia: la Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS- Safety of Life at Sea, Londra, 1974), la Convenzione sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, (SAR- International Convention on Maritime Search and Rescue, Amburgo, 1979) e la Convenzione ONU sul Diritto del Mare (UNCLOS – United Nations Convention on the Law of the Sea, Montego Bay, 1982).
La cosa principale che deve essere chiara a tutti è che in ogni caso il primo obiettivo del comandante di una nave è la salvaguardia dei propri passeggeri e quindi non viene mai messa a rischio la loro incolumità per effettuare un salvataggio in mare.
Spesso mi è successo di leggere discussioni animate che in pratica evidenziano la paura dei crocieristi che a bordo di tali imbarcazioni possano trovarsi terroristi pronti a farsi esplodere nel bel mezzo del salone principale della nave, o persone portatrici di pericolosi virus.
Avendo assistito qualche anno fa al salvataggio di un barcone proveniente dalla Siria, mentre mi trovavo a bordo di una nave da crociera, mi sento di rassicurare tutti che questo non è assolutamente possibile.
Per prima cosa quando viene avvistata un’imbarcazione “sospetta” in difficoltà si cerca di concerto con la guardia costiera e le autorità più vicine di accertare la reale necessità e di identificare la provenienza, in seguito si agisce seguendo una serie di protocolli che puntano a garantire la massima sicurezza.
Per chiarire meglio voglio raccontarvi la mia diretta esperienza che mi auguro potrà servire a capire, come è successo a me, come funzionano le cose in casi del genere.
Tre anni fa mi trovavo a bordo di Costa Pacifica e avevamo lasciato la Grecia in direzione Civitavecchia; era una bellissima giornata di sole e la maggior parte degli ospiti si trovavano sui ponti esterni a godersi la crociera.
Improvvisamente in lontananza è apparsa un’imbarcazione e da quel momento sono iniziati gli annunci del comandante e le procedure del caso.
Il barcone trasportava un carico di profughi siriani, tra questi la maggior parte erano donne e bambini, dei quali parecchi anche molto piccoli.
Voglio precisare che la nave non si è immediatamente avvicinata, ma ha iniziato una procedura di riconoscimento e atteso l’intervento delle motovedette della guardia costiera.
Una volta avuto il via libera delle autorità, affiancati da dalla vedetta della guardia costiera, sono stati calati dei tender che hanno avvicinato l’imbarcazione e caricato donne e bambini per prestare assistenza.
I tender hanno fatto ritorno alla nave e i “profughi” sono stati imbarcati, ma non sono mai venuti a contatto con i passeggeri, esistono infatti norme molto rigide di quarantena che non contemplano una simile evenienza.
Una volta rifocillati e prestati i soccorsi medici necessari sono stati trasbordati sulle lance della guardia costiera per essere riportati a terra.
Il tutto è durato all’incirca 3 ore e il comandante ha continuato a informare i passeggeri di quanto stava avvenendo tramite annunci via altoparlante.
Le reazioni degli ospiti a bordo sono state delle più disparate, la maggior parte, per fortuna, ha subito dimostrato una profonda empatia per persone che probabilmente fuggivano da una guerra, e dato immediatamente la propria disponibilità, di cui in ogni caso non sarebbe stato possibile usufruire.
Altri invece, una netta minoranza, hanno mostrato disappunto e fastidio per il ritardo che l’operazione avrebbe causato e inoltre preoccupazione per la propria sicurezza.
Non voglio giudicare nessuno, ma posso raccontarvi quali sono state le mie sensazioni: il fatto di trovarmi in una situazione di benessere assoluto e venire in contatto anche solo visivo con persone che rischiavano la vita per fuggire a una realtà devastante è stato un vero e proprio pugno nello stomaco.
Mi sono sentita privilegiata e mi sono resa conto che avrei potuto trovarmi io dalla loro parte. Il tutto per fortuna è finito bene e i volti sorridenti dei bambini e delle persone che ci salutavano con le lacrime agli occhi perché si rendevano conto che perlomeno la parte peggiore del loro incubo stava per terminare, è stata una delle esperienze più toccanti che mi sono successe in vita mia.
Un plauso va al Comandante Benini e a Costa Crociere che hanno saputo gestire la situazione in maniera egregia.
Mi auguro che il quadro politico e sociale evolva al meglio e non sia più necessario effettuare salvataggi di questo genere, anche se mi rendo conto che al momento è una pura utopia e che l’unica cosa che possiamo fare è convivere al meglio con situazioni simili e non seppellire mai la nostra umanità sotto sentimenti di paura e di disinformazione.
Di seguito, per chi desiderasse approfondire la materia relativa alle norme concernenti il salvataggio in mare, lascio una serie di link:
Cos’è la Sar (Search and rescue) /salvataggio
Legislazione in materia di salvataggio marittimo
Image Credits: Cinzia Marchisio
Follow @CrazyCruises
Hai trovato interessante questo articolo? Lascia il tuo mi piace o un tuo commento o una tua condivisione per aiutarmi a crescere: a te non costa nulla, a me aiuta tantissimo 🙂
16/08/2016 ore 12.00 – “Post protetto da Licenza Creative Commons International CC BY-ND 4.0″