Se c’è qualcosa contro cui non ci si può proprio fare nulla sono le credenze e le superstizioni e in ambito marinaresco ce ne sono alcune che sono vecchie quanto il mondo: spesso tramandate oralmente, non ci si ricorda nemmeno da cosa siano nate!
“La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto” sosteneva Howard Phillips Lovecraft e probabilmente è proprio la pura di ciò che non si conosce, del misterioso, che probabilmente ha fatto nascere queste incredibili superstizioni.
La più conosciuta è quella della bottiglia che non si rompe durante il varo: in realtà capita più che spesso che la bottiglia non si rompa al primo tentativo, ma ogni volta è come se una stilettata colpisca chi assiste a questa scena e un brivido freddo non può che scorrere nelle vene dei presenti.
Da dove nasce questa credenza nota a tutti? Ha origine antichissime: nel passato era uso comune spargere sulla prua della nave del sangue animale. Ciò permetteva di attirare sull’imbarcazione i favori dei vari Dei, che nella credenza evitavano alla nave tutte quelle situazioni pericolose, come pericolose tempeste ma anche mostri marini.
Per fortuna nel tempo il sangue è stato sostituito con del vino e, in tempi relativamente recenti, con dello champagne, simbolo di festa e di allegria e quindi di fortuna. E se non si spacca, secondo la credenza la nave avrà una vita non proprio fortunata.
Un’altra credenza davvero buffa è la superstizione che vieta chiunque a bordo di vestirsi di verde, perché ciò che vi può dire un vecchio lupo di mare è che “porti sfiga“.
Ma che motivo può esserci dietro questa bizzarra legge non scritta del mare?
Semplicemente in passato capitava che gli ufficiali che avessero perso la vita in mare, non venissero sepolti dove ci si trovava o buttati con gli onori in mare, ma venissero bendati e portati dopo tanto tempo a casa: il minimo che capitava, oltre alla normale decomposizione, era che le bende o i vestiti si riempissero di muffa. Quindi il verde veniva associato alla morte.
Nei tempi moderni la leggenda si è trasformata, rendendosi quasi irriconoscibile: si dice infatti che, se una persona vestita di verde dovesse cadere in mare, sarebbe praticamente invisibile agli occhi dei soccorritori. Che sia realtà o bufala, i vecchi lupi di mare ci credono ancora, sebbene a noi comuni mortali sembri impossibile!
Certamente poi Paese che vai superstizione che trovi! Per esempio rimane negli annali quella dell’Ammiragliato inglese che, dopo aver perso in vari modi vascelli intitolati ad animali (Viper, Snake, Water Snake etc etc) proibì ad un certo punto il loro uso come nome, credendo fossero forieri di maledizioni varie.
Inoltre tante credenze erano semplicemente legate alla propria religione: una tra tutte, la più curiosa, riporta che era un bel problema decidere in che giorno salpare!
Tra l’evitare:
- il primo giovedì del mese di aprile, perché tradizionalmente era indicato come il giorno in cui Caino uccise Abele, quindi un giorno foriero di disgrazie, meglio evitare
- il venerdì, perché Gesù venne crocefisso di venerdì e quindi non se ne parlava proprio di salpare in questo giorno
- il secondo lunedì di agosto, in quanto in quel giorno Sodoma e Gomorra furono rase al suolo
- l’ultimo giorno dell’anno nemmeno a parlarne, perché per la religione cristiana era il giorno in cui Giuda Iscariota s’impiccò
e via discorrendo, era davvero difficile scegliere un giorno che fosse bene augurante per un viaggio via mare, se si dovevano seguire tutti gli episodi citati nella Bibbia!
Direte voi: “roba d’altri tempi“! Credete? Non proprio: la storia recente racconta di personaggi che si rifiutarono, nonostante le ottime condizioni meteo, di prendere il largo di venerdì. Per fortuna le navi da crociera in questo caso sono immuni, ogni giorno della settimana è giorno d’arrivo e di partenza ormai e poco si fa caso a questa credenza.
Che dire poi dei tatuaggi? Mai in numero pari e questa credenza è tuttora seguita da tanti! Ma il motivo per cui un marinaio non doveva averne in numero pari ve lo spiego subito: il tatuaggio veniva realizzato dai marinai al momento della partenza, a cui seguiva un secondo quando si arrivava incolumi a destinazione, per poi farne un terzo a viaggio terminato nel porto di casa. Se non se ne faceva un terzo significava cattiva sorte e lontananza dagli affetti: una superstizione arrivata intatta ai giorni nostri!
Vogliamo parlare poi della presenza femminile a bordo? Un tempo avere una donna a bordo erano sinonimo di sventure: per fortuna è un’abitudine che si è persa, altrimenti come riuscirei a godermi una crociera? E poi diciamocelo: una crociera senza donne, che crociera è?
Una delle mie preferite è quella riguardante il “vento in prua“. Ve la racconto così come mi è stata raccontata:
“In passato, avere dalla propria il vento sfavorevole era considerato una punizione per i marinai, dovuta al fatto che uno o più di loro avevano lasciato il porto senza aver saldato i propri debiti; i quali erano principalmente alcool e donne di malaffare: per cui se si tornava a forza o per propria volontà a bordo senza aver saldato questi conti, si poteva incorrere in un viaggio contornato da tanta sfortuna, mare in tempesta assicurato e via dicendo”.
La leggenda dovrebbe essere di origine francese ed è riferita ad una credenza nata nell’epoca delle grandi navigazioni verso le colonie.
Una di quelle che ancora ha tanti accoliti è quella che vieterebbe ad un armatore di cambiare il nome della nave: si è sempre pensato infatti che una nave abbia un’anima ed è per questo che sin dai tempi remoti le si da un nome.
Se si dovesse cambiarlo, per via di un passaggio di Compagnia ad esempio, essa non sarebbe più riconosciuta, porterebbe all’inganno ogni marinaio. Certamente poi a danno si trova rimedio: ad esempio la sfortuna si toglie se
- il cambio avviene dopo aver fatto stappare una bottiglia di vino rosso ad una vergine (chiederanno un riscontro medico di questi tempi???) che ne verserà di nuovo una buona parte sulla prua (riconoscendole un nuovo battesimo del mare);
- oppure un modo per fregare la sfortuna è di cambiare il nome se la nave va in rimessaggio d’inverno (evidentemente oltre all’anima ha qualcosa di animalesco che la fa andare in letargo!) perché in questo modo si perde memoria del nome e quindi la nave non corre alcun rischio;
- o ancora compiere sette volte la stessa rotta ma tagliandola in più punti in modo che ci sia come uno strappo che permetta di far perdere le proprie tracce (7 volte, una numerazione che in ogni modo si rifà alla numerologia) al vecchio nome;
- collocare una moneta sotto l’albero maestro oppure cambiare un bullone dalla chiglia;
- anche in questo caso Paese che vai, superstizione che trovi, con i francesi che sostengono che oltre a tutte queste abitudini beneauguranti, sia possibile cambiare il nome in un giorno ben preciso dell’anno, il 15 di agosto, dopo aver effettuato una serie precisa di manovre che ricordi un serpente che si morde una coda! Il tutto poi deve essere benedetto da un prete che però, in alcun modo, deve permettersi di mettere piede sulla stessa nave! Tradizione ancora valida a quanto pare durante i battesimi delle navi, in cui il prete benedice da terra e anche durante la benedizione della posa della chiglia, in cui si mantiene comunque a debita distanza.
Son davvero tante e buffe le superstizioni marinare
- a bordo non si possono portare ombrelli, portano sventura (sti poveri ombrelli non avranno mai vita facile mi sa)
- a bordo è meglio non servire i ceci, perché si dice che attirino il maltempo (magari perché qualcuno non li digerisce e “fa vento?”)
- è sempre avere una testa d’aglio sia nel ponte comando che in sala macchine, perché attira la fortuna…però chissà che odore da sopportare!
- e come sempre il dualismo sacro e profano, che mette vicino alle bene auguranti teste d’aglio, le immagini dei santini e della Stella Maris, la Madonna protettrice del mare
- mai parlare di conigli in una nave francese e mai di banane in una inglese: diversi i soggetti ma uguale la sfortuna che portano
- non osate tagliare unghie e cappelli quando c’è bel tempo, perché è assolutamente di cattivo augurio, così sostenevano gli antichi marinai dell’impero romano
- guai a starnutire (ma se scappa, che si fa?), bestemmiare (e questo mi è difficile da credere sinceramente!), ma anche ballare, perché si potrebbero attirare le ire del dio dei venti (sarà imbestialito per via dei ceci di prima?)
Insomma, che fatica andare per mare, se si dovessero in effetti seguire tutte queste buffe e strane tradizioni! Eppure tante di queste vengono ancora temute e seguite alla lettera, non si sa mai, “perché la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo” e “un po’ d’aglio non ha mai fatto male a nessuno“, come citano le mie fonti.
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Chissà se voi avete delle altre superstizioni in ambito marinaresco da suggerirmi: io intanto che attendo le vostre, vi lascio con una curiosità, che di sicura è legata ormai al passato.
Sapete perché i marinai avevano l’abitudine di portare un grosso orecchino d’oro all’orecchio?
Semplice, nel caso il marinaio in questione fosse morto, la famiglia con quell’orecchino avrebbe potuto pagare agevolmente il suo funerale!
Per tornare al titolo: perché era vietato fischiare a bordo? Perché attirava le ire del Diavolo in persona, facendo nascere le peggiori tempeste; era considerata una sfida contro il vento, un duello che il vento vinceva la maggior parte delle volte! Con una sola eccezione: solo il cuoco di bordo poteva farlo e per una ragione poco romantica ma più pratica…sapete dirmi quale sia?
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31/08/2015 ore 22.00 – “Post protetto da Licenza Creative Commons International CC BY-ND 4.0″
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