Crociera “Gemme dell’Indonesia”: Lombok
Una delle tappe della crociera “Gemme dell’Indonesia”, che ho fatto a bordo di Celebrity Millennium, ha toccato il porto dell’isola di Lombok che si trova a poca distanza dalla più famosa Bali.
Abbiamo gettato l’ancora al largo di prima mattina e con il nostro gruppo composto prevalentemente da americani abbiamo preso il primo tender disponibile. Eravamo tutti soci elite e quindi tra i vantaggi avevamo il diritto di precedenza per lo sbarco in tender, cosa davvero molto utile in una crociera dove la stragrande maggioranza dei porti non consente l’attracco al molo.
Il tragitto tra la nave è durato in tutto una decina di minuti e abbiamo osservare gli addetti portuali che ci aspettavano a riva e iniziavano a salutarci da lontano.
Sbarcati dal tender abbiamo trovato ad attenderci la guida, una ragazza sorridente, che avevamo già contattato in precedenza. Il nostro gruppo, formato da una quindicina di persone, ha preso posto a bordo di un pulmino abbastanza attempato e senza aria condizionata, ma allegro e coloratissimo.
Prima tappa il mercato locale. Durante la notte doveva aver piovuto parecchio a giudicare dalle pozzanghere e dal fango che c’era ovunque e non c’è stata altra soluzione che farci strada sguazzando nella poltiglia, ma ne è valsa sicuramente la pena dato che i colori e l’atmosfera sono unici.
Il mercato era pieno di gente solare e sorridente, nonostante la semplicità della merce esposta con cura. Già da lì si poteva intuire la situazione dell’isola, quella di una povertà estrema.
C’era frutta tropicale di ogni genere, molto particolare, dal rambutan, simile al lichis cinese, al frutto del serpente, cosi’ detto per la sua buccia a squame.
Una marea di bambini circolava tra le viuzze del mercato e terminato il giro abbiamo potuto ammirare quelli che sono i taxi locali e cioè dei carretti trainati dai cavalli.
Risaliti sul pulmino ci siamo diretti verso una manifattura di tessuti, dove le donne tessono, rigorosamente a mano, stoffe di vari colori e consistenza. Qui abbiamo potuto ammirare l’abile lavoro delle tessitrici ed acquistare alcuni tessuti da portare a casa.
Naturalmente era possibile contrattare, ma considerando l’estrema povertà del posto, nessuno si è sentito di andare oltre una certa soglia di prezzo, anche se ci rendevamo conto che per loro era sicuramente alto.
Le stoffe erano colorate e stupende, dalle più pregiate in seta, ai tessuti più pesanti da utilizzare per arredare divani e mobilio.
La bravura delle tessitrici era incredibile, una precisione assoluta, anche se un minimo difetto, non visibile a occhio nudo, viene sempre inserito nel lavoro. Questo per mostrare la propria modestia e non peccare di presunzione nei confronti degli Dei che sono gli unici a poter essere perfetti.
Successivamente ci siamo diretti verso la città di Mataran e prima di arrivare ci è stato servito il pasto a bordo del pulmino. In pratica era stato previsto un pasto “al sacco” composto da riso e pollo impacchettato in un contenitore di carta.
Dopo aver attraversato velocemente la città, che non offre nulla di particolare, ci siamo diretti verso il parco di Taman Narmada, un luogo di grande rilevanza spirituale per la gente del posto.
Costruito nel 1727 dal re di Mataram, Anak Agung Gede Ngurah, ne ospita anche le spoglie mortali e inoltre ha al suo interno un tempio dove ogni anno in primavera si celebra una cerimonia religiosa balinese, il Pujawali.
Nel parco ci sono vari specchi d’acqua, uno in particolare è considerato una specie di fonte della giovinezza e i devoti vanno lì per bere l’acqua, pregare e lavarsi il viso e le mani. Noi ci siamo limitati a immergere le mani e non abbiamo osato berla, certo che la tentazione di provare l’acqua della fonte dell’eterna giovinezza era forte, ma ha prevalso il buonsenso.
Nel sito ci accompagnava una guida locale, vestita nel tipico costume balinese, che prevede una specie di gonnellino colorato anche per gli uomini.
Terminata la visita del tempio ci siamo diretti verso una località balneare dove abbiamo potuto ammirare una bella spiaggia locale. Anche questa parte più turistica dell’isola resta sempre molto povera e tante strutture sono fatiscenti.
La spiaggia conserva però il fascino di un qualcosa che non è stato ancora aggredito dal turismo di massa.
Non poteva mancare la sosta per ammirare le simpatiche scimmiette che sono state ben liete di allestire uno spettacolo solo per noi, con pagamento in banane.
Dopo una breve sosta è giunta l’ora di rientrare in porto. Durante la strada e considerata l’andatura abbastanza lenta del nostro autista, abbiamo potuto ammirare scene di vita quotidiana.
Ci sono molti piccoli villaggi, di una povertà estrema, capanne a volte costruite nel fango, e bambini ovunque. Tantissime donne al lavoro, anche lavori pesanti, come il trasporto di grossi macigni in una cava di pietra.
Uno scenario a dir poco impressionante e che fa sicuramente riflettere su quelle che sono le nostre priorità di società estremamente consumistica, rispetto a quelle di un paese che vive al limite della fame. Tutto questo sicuramente lascia un po’ di amaro in bocca .
L’isola è molto bella e cosa principale, secondo me, non è ancora stata rovinata dal turismo di massa e questo le consente di conservare un’atmosfera genuina e non artefatta a scopo di attrarre i turisti.
Se siete particolarmente schizzinosi non visitatela, se invece avete una mentalità aperta e siete disposti a venire in contatto con una cultura completamente diversa dalla nostra, allora andateci, vi lascerà un segno nel cuore e il suo sorriso resterà per sempre impresso nelle vostre memorie.
Una cosa è certa, tante di queste persone ci salutavano e ci sorridevano e difficilmente chiedevano qualcosa quindi viene da chiederci se la nostra vita e la priorità che diamo a determinati valori sia una giusta scelta.
Al porto ad accoglierci il lusso della nostra nave che da una parte ci confortava viziandoci ancora una volta, ma dall’altra era un contrasto troppo forte con quello che avevamo appena visto.
Al rientro in nave, prima di mettere piede sulla moquette, abbiamo pensato bene di toglierci le scarpe completamente infangate e proseguire a piedi nudi, dopo esserceli sommariamente puliti, verso il confort della nostra cabina che mai come quella volta ci è sembrata una reggia.
Image credits: Cinzia Marchisio, all rights reserved
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17/11/2015 ore 15:10
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