Le emergenze, a noi in particolare interessano quelle a bordo di una nave, sono una realtà con la quale convivere è necessario, perchè, sebbene qualsiasi delirio di onnipotenza ci spinga a considerarci immuni, purtroppo sono evenienze che possono accadere e affrontarle nel modo corretto, con le giuste informazioni, può aiutare a salvarci la vita.
Perchè sapete benissimo che nella maggior parte delle tragedie dei mari, non ultima quella del traghetto Norman Atlantic, è il panico che prende il sopravvento e quando lo fa, non può che portare a risultati catastrofici, anche in termini di vite umane, purtroppo.
Quando ci si trova davanti ad un’emergenza, si attivano difese psicologiche molto potenti, che in un certo senso aiutano il cervello ad affrontare l’evento stesso: è importante proprio in questo momento cercare di evitare che l’angoscia e la paura prendano il sopravvento, evitando di far compiere azioni che a primo acchito paiono buone idee per sfuggire alla situazione di pericolo ma che sono tutto l’opposto di quello che dice l’equipaggio, cioè persone addestrate ad affrontarle queste situazioni.
Affrontare un grande evento catastrofico richiede una grande riorganizzazione psicologica: chi è preparato ad affrontarle sa che la paura “è un’emozione che ha uno scopo puramente biologico, è presente in tutti gli esseri viventi e assolve alla funzione di proteggere l’organismo“. (Di Iorio)
Dunque la paura in un certo senso aiuta a reagire, perchè predispone il cervello ad organizzarsi e a trovare una risposta corretta (in base alle proprie esperienze e quindi in questo caso alle esercitazioni e a ciò che si deve fare) che possa preparare all’azione corretta.
Dunque non bisogna aver paura della paura, perchè è la molla che aiuta a prepararsi alle giuste azioni.
Per alcuni invece proprio la paura diventa panico e spinge a comportamenti irrazionali: capita ai passeggeri ma a volte capita anche a chi è estremamente preparato; questo perchè dalla teoria alla pratica spesso ci passa un oceano di buone intenzioni e come detto la paura è assolutamente umana e il passo paura=panico è talmente breve che anche chi è preparato alle emergenze può caderci dentro.
Il panico scatta quando gli stimoli negativi della paura superano la soglia di vulnerabilità personale: ciò non avviene solo trovandoci davanti a dei cataclismi ma anche in circostanze più “normali”, dove però la reazione esterna non trova una risposta adattiva da parte dell’organismo che si trova inerme nel concepire una “strategia di salvezza“.
Da qui l’allarme e poi il blocco totale, seguito da stati di agitazione esasperata, con comportamento assolutamente disorganizzato, senza senso: è forse il momento più pericoloso per la propria incolumità personale, quel momento in cui si prendono decisioni senza senso che molte volte portano alla tragedia finale.
Tra i vari esempi: il momento in cui si decide di buttarsi in mare, non valutando altezza del ponte dal quale ci si butta, non valutando la temperatura dell’acqua e tanti altri elementi, oppure quando ci si butta dentro una scialuppa di salvataggio, passando sopra tutti, bambini compresi, con episodi spesso violenti, pur non conoscendo le operazioni di sgancio della stessa, rischiando il ribaltamento a mare con conseguenze che non vi devo spiegare.
Sono solo alcuni degli esempi che si son verificati anche negli ultimi incidenti gravi a bordo di navi da crociera o da trasporto: per chi sta dietro una tastiera a commentare irato e disgustato, ad esempio, di episodi in cui alcuni passeggeri siano arrivati a picchiare donne e bambini o persone malate pur di trovare un posto in scialuppa, o di offrire cifre importanti o oro o qualsivoglia forma di scambio (accadde anche per il Titanic, tragedia così lontana nel tempo eppure sempre così “moderna”): in queste situazioni estreme l’ansia impedisce all’individuo di pensare in maniera “normale” e le conseguenze di un attacco di panico di tali dimensioni sono di tipo biologico, comportamentale e psicodinamico, sono veri e propri meccanismi omeostatici che servono a proteggere e ad assicurare la sopravvivenza dell’individuo.
Il fatto è che di fronte ad un evento come un incendio a bordo ad esempio, non si può scappare, non ci si può arrabbiare, ci si sente inermi e ogni nostro normale comportamento adottato in altre occasioni non trova riscontri nel nostro cervello: ecco allora che non esiste organizzazione o gestione che tenga; la paura che si presenta davanti ad un incendio è considerata una risposta funzionale alla sopravvivenza, mentre il panico che ne può generare è considerato una reazione mal organizzata ed eccessiva di fronte a un pericolo dal quale non ci si sa difendere.
Solo una grande preparazione può portare a rispondere a queste situazioni in maniera razionale e serena, facendoci comportare nella maniera corretta: questo spesso non coincide con le aspettative di chi ci sta di fronte, ecco perchè molto spesso dopo una tragedia ci sono racconti di persone che spiegano i comportamenti (secondo i loro normali parametri) irrazionali del personale che invece di fare ciò uno si aspetta che faccia, agisce in maniera non consona al nostro modi di agire di fronte alle emergenze.
Ecco spiegato il motivo per cui un allarme generale non viene dato sinchè tutto il personale non ha riportato a chi di dovere i danni e le conseguenze successive: questo perchè un allarme generale provoca paura e la conseguenza irrazionale della paura è il panico, come spiegato prima, e dunque il panico di migliaia di persone non è semplice da gestire e le conseguenze sono spesso catastrofiche e distoglierebbero l’equipaggio dalla gestione primaria del danno (sia incendio o altro). Quando effettivamente c’è un pericolo che non si può affrontare in breve tempo e che lede la sicurezza di tutti, allora può partire l’allarme generale, con tutto il personale che si concentra esclusivamente su questo evento, portando in salvo le persone nel migliore modo possibile, con il minor danno possibile.
E’ sempre un bene quando la vittima di un evento (nel nostro caso i passeggeri) reagisce in maniera positiva (nei limiti dell’evento ovviamente) all’emergenza “conservando o innescando la voglia di vivere, la volontà di lottare contro gli ostacoli, la fiducia in se stesso, la speranza di sopravvivere, la volontà di raggiungere i propri cari, il controllo del panico, l’eliminazione di ogni pensiero depressivo, perchè avrà il massimo delle possibilità di sopravvivere (nonostante gli altri fattori possano essere sfavorevoli).
Se invece l’infortunato diviene preda del panico perdendo ogni speranza di vita e la fiducia in se stesso, risponde negativamente al pericolo, e avrà pochissime possibilità di sopravvivere (nonostante gli altri fattori possano esse favorevoli) ( D. Biondo, R. Di Iorio, 1989).
Ecco perchè quando si istruisce il personale per la gestione delle emergenze si lavora sia sugli aspetti tecnici del salvataggio vero e proprio ma anche sugli aspetti psicodinamici.
Perchè la sopravvivenza spesso si gioca in pochi secondi ed è determinata da un’immediata risposta psico-comportamentale individuale che poi genera una successiva protezione collettiva.
Per chi opera in queste situazione è dunque fondamentale conoscere:
1) l’ambiente e i suoi rischi
2) i comportamenti più appropriati di prevenzione e soccorso
3) dominare il proprio corpo in caso di emergenza attraverso il controllo della mente
ed è per questi motivi che gli studiosi ritengono che la sopravvivenza sia per l’80% mentale, per il 10% equipaggiamento, per il 10% abilità personale.
Quindi la paura è indispensabile anzi direi vitale perchè predispone l’organismo a cercare una risposta coerente a ciò che ci circonda, trovando dunque le giuste soluzioni: quella che è pericolosa è la conseguenza negativa ed irrazionale della paura, il panico, perchè paralizza ogni movimento oppure spinge a comportamenti irrazionali e spesso pericolosi per sè stessi e per gli altri.
Prevenire a questo punto è la soluzione ideale, perchè permette di adottare tutti gli atteggiamenti necessari per affrontare un pericolo: per un passeggero significa fidarsi delle indicazioni del personale, evitando il più possibile di lasciar trasformare la paura in panico, in modo da poter comunque esser utili a noi stessi e a chi abbiamo intorno.
Non è per niente facile, davanti alle emergenze “normali” della vita ce ne rendiamo già conto: ma sappiamo anche che se nella vita ci fidiamo del personale di un’ambulanza che soccorre un ferito, nello stesso modo ci dobbiamo fidare di chi è addestrato ad affrontare situazioni a noi inusuali, come incidenti a bordo.
Nel caso in cui un’emergenza colpisca un gruppo di persone come accade a bordo di una nave, la sopravvivenza dipende da come il gruppo riesce ad organizzarsi, perchè una buona organizzazione permette una buona gestione del problema, sia esso materiale o psicologico.
Concludo dicendo che ovviamente a parole è sempre facile poter gestire questo tipo di emergenze, ma nei fatti trovarsi di fronte ad un evento catastrofico è tutt’altra cosa: la gestione del panico non è una materia semplice, per questo motivo fidarsi del personale di bordo diventa l’unica ancora di salvezza davvero possibile per evitare tragedie più grandi.
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